Dall’analisi dell’account Twitter alle informazioni false su TikTok
- Comunicazione politica 2.0 e public democracy: un binomio peculiare
- Shitposting e public diplomacy sui social
- Clickbait e fact-checking: cosa sono e perché se ne parla tanto
Comunicazione politica 2.0 e public democracy: un binomio peculiare
Fino a qualche settimana fa, quando la guerra veniva fatta attraverso i famosi “meme”, è emersa la curiosa strategia comunicativa dell’account Twitter ufficiale dell’Ucraina. La comunicazione politica e la propaganda si sono evolute nel tempo con l’evolversi delle tecnologie e dei mezzi di comunicazione. La propaganda, però, non è l’unico motivo che ha spinto l’account Twitter @Ukraine ad adoperare l’arte dello shitposting con la Russia. Questo nuovo metodo nel campo diplomatico ha iniziato ad interrompersi quando la situazione ha iniziato ad aggravarsi e le minacce di invasione si sono concretizzate. Prima dell’inizio dei bombardamenti, i Social Media Manager ucraini avevano già iniziato a prendere le armi. Ma come?
Lo scopo nascosto era quello collegato alla public diplomacy, una branca della diplomazia il cui scopo principale è quello di coinvolgere attraverso mezzi o attività un ampio pubblico a livello internazionale, di modo che si possa creare un’opinione favorevole del paese. E, anche la public diplomacy si è evoluta con il passare del tempo, per cui non è strano che oggi si parli di digital diplomacy o public diplomacy 2.0, e allo stesso tempo sembra essere naturale la nascita del concetto di Twitter diplomacy o twitplomacy.
Shitposting e public diplomacy sui social
Dopo il meme con Lisa Simpson pubblicato il 13 gennaio, l’account aveva ripreso il suo carattere istituzionale abbandonando il black humor tipico dei social network. La curiosa linea comunicativa basata sui meme ha una specifica spiegazione: fare breccia nel sentimento comune dell’opinione pubblica occidentale, in quanto questa di solito si dimostra come quella più predisposta alla mobilitazione e pressione politica. Questo si concretizza il 22 gennaio con il lancio dell’hashtag #StandWithUkraine, ancora oggi nella top 10 dei trend del mondo.
Il 24 febbraio, il cosiddetto “giorno nero”, @Ukraine non si fanno trovare impreparati: non mancano le provocazioni ai diretti interessati, delegando l’arte dello shitposting ai seguaci. Questa nuova propaganda mira a fare breccia in quella fetta di popolazione che con meme e hashtags ha maggiormente a che fare e che si è mostrata più pronta alla mobilitazione negli ultimi anni: i Millenial e i GenZ.
Si è così creata l’immagine di un’Ucraina molto vicina all’Occidente, più di quanto si possa pensare.
I social media stanno ricoprendo un ruolo principale nel raccontare questa tragedia umanitaria, un po’ a modo loro. Non solo Facebook, Instagram e Twitter. Interessante è l’analisi per TikTok: un social composto da un pubblico prevalentemente giovanile, che dà la possibilità di creare engagement e colpire la sfera emotiva degli utenti a causa della concentrazione dettata dalla brevità del contenuto. Gli utenti, presi dall’emozione, non badano all’attendibilità della fonte.
Emblematici sono gli esempi di tutti gli utenti ucraini che quotidianamente aggiornano i loro canali social, cercando di far conoscere al mondo l’atrocità della situazione in cui si trovano. Il caso di @valerisssh su TikTok (https://vm.tiktok.com/ZML4G8t4R/) è estremamente diventato virale: ogni giorno la ragazza mostra in maniera ironica la brutalità della guerra e tutti i luoghi dov’è cresciuta sin da quando era piccola, oggi totalmente rasi al suolo dalle truppe militari.
I social, dunque, sono diventati un terreno di combattimento digitale.
Clickbait e fact-checking: cosa sono e perché se ne parla tanto
La guerra non si fa solo con le armi. Siamo davanti ad una vera e propria guerra di comunicazione nel mondo digitale, dove in trincea troviamo bot, fake news e tante informazioni. Questa comporta una vera e propria “sovrapproduzione” dell’informazione e, contemporaneamente, ad una “svalutazione” dell’informazione stessa.
Oggi, infatti, si sente parlare spesso di “fact-checking“. Ma a cosa fa riferimento?
Le notizie false non sono un fenomeno così tanto recente: le “fake news” esistono da quando l’uomo ha imparato l’arte della comunicazione. Con la comparsa del web, il fenomeno delle fake news si è però amplificato facendo emergere un nuovo biosistema digitale in cui la disinformazione ha trovato il suo terreno fertile. Proprio a causa delle dinamiche frenetiche dettate dal ritmo incalzante del flusso digitale, è sempre più difficile trovare tempo per risalire alla veridicità dei fatti.
In questo oceano comunicativo è facile annegare, rimanendo intrappolati nella confusione tra ciò che è vero e ciò che non lo è. Gli articoli di giornale online utilizzano il clickbait, i telegiornali riproducono scene del videogioco simulatore militare Arma 3: siamo nel mondo concreto della post-verità, dove i fatti vengono volontariamente manipolati e deformati, con lo scopo preciso di persuadere chi legge o chi ascolta.
Per questo, la guerra in Ucraina si concretizza come essere un caso unico nel suo genere. Bisogna, però, spezzare una lancia a favore dei Social Media Manager di @Ukraine: creando un’immagine sempre più amichevole del loro paese, sono riusciti a smuovere con ironia i cuori dei più scettici.